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[Cons. St., sez. V, 17 febbraio 2014, n. 755] Annullamento delle elezioni regionali del Piemonte: a che punto siamo arrivati

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Torino, Piazza Castello 2

Con sentenza breve depositata il 17 febbraio 2014, all’esito della camera di consiglio straordinaria elettorale tenutasi l’11 febbraio 2014, la sez. V del Consiglio di Stato ha respinto il ricorso proposto dalla Regione Piemonte per la riforma della sentenza del TAR Piemonte – Torino, sez. I, n. 66 del 15 gennaio 2014 (si veda, su questo Blog, Annullamento delle elezioni piemontesi: il TAR Piemonte si conforma (finalmente) alla più recente giurisprudenza del Consiglio di Stato), che, da ultimo, aveva annullato i provvedimenti con i quali gli Uffici circoscrizionali della Regione Piemonte avevano proclamato gli eletti nelle consultazioni elettorali del 2010.

In primo luogo è dichiarata non fondata la censura mossa dai ricorrenti in via incidentale, che muoveva dalla sussistenza di una sentenza di condanna penale anche nei confronti di una delle liste collegate alla resistente (risultata non eletta nel 2010), sulla scorta del rilievo per il quale “nel giudizio elettorale, si possono contestare i risultati delle operazioni elettorali solo nel rispetto dei termini perentori previsti dalla legge (per tutte, Cons. Stato, Sez. V, 28 dicembre 1996, n. 1618). Infatti, “il legislatore […] anche al fine di contemperare tutti gli interessi in conflitto, ha inteso dare rilievo al principio di certezza dei rapporti di diritto pubblico (che ha uno specifico rilievo nella materia elettorale), prevedendo la giurisdizione di legittimità del giudice amministrativo e il rigoroso termine di decadenza di trenta giorni, entro il quale gli atti vanno posti in contestazione e decorso inutilmente il quale i risultati elettorali diventano inattaccabili (per la parte che non è stata oggetto di tempestiva contestazione)”. Risulta quindi, del tutto irrilevante la circostanza che l’elettore o il soggetto leso, intenzionato a proporre un ricorso giurisdizionale, abbiano percepito tardivamente la sussistenza di specifici vizi delle operazioni ovvero non abbia avuto la concreta possibilità di essere a conoscenza di tutti i vizi delle operazioni elettorali, perché “diversamente opinando, si giungerebbe ad ammettere in sede giurisdizionale una sostanziale revisione di tutte le operazioni elettorali per il solo fatto che un ricorso sia stato tempestivamente proposto”. Nella specie, il ricorso ‘incidentale’ era stato proposto solo nel 2012, circa due anni dopo la proclamazione degli eletti.

Quanto al rilievo della irrilevanza della sentenza penale nel giudizio amministrativo e, vieppiù, della inopponibilità delle risultanze del processo penale erga omnes, dal momento che non tutte le parti del giudizio amministrativo si erano costituite parti civili, il Consiglio di Stato ritiene di dover far proprie le motivazioni del TAR Piemonte, rilevando che “il processo penale sui delitti contro la fede pubblica […] si caratterizza per il possibile esercizio di due distinte ed autonome azioni, suscettibili di epiloghi differenziati: l’azione penale principale, volta all’accertamento della colpevolezza o meno dell’imputato rispetto alle ipotesi di reato ed eventualmente alla pronuncia di condanna; nonché l’azione ‘accessoria e complementare’ di cui all’art. 537 c.p.p., preordinata alla tutela della fede pubblica e destinata a concludersi con la declaratoria di falsità del documento, allorché, indipendentemente dall’esito dell’altra azione, la falsità stessa sia accertata dal giudice”. Per questo motivo la declaratoria di falsità, ai sensi dell’art. 537 c.p.p., non può avere rilievo nei soli limiti di efficacia previsti dall’art. 654 c.p.p., il quale condiziona l’efficacia del giudicato penale in altri giudizi civili, purché vi sia la coincidenza soggettiva delle parti costituite nei due procedimenti. L’art. 537 c.p.p. “infatti attribuisce rilevanza al fatto della accertata non rispondenza al vero dell’atto o del documento in considerazione dell’interesse pubblico alla rimozione dell’efficacia probatoria del documento che ne forma oggetto, a tutela della fede pubblica, quale bene della collettività sottratto alla disponibilità delle parti”. Sarebbe invero implausibile che un atto pubblico dichiarato falso ai sensi dell’art. 537 c.p.p. sia “ancora efficace e opponibile ai soggetti rimasti terzi rispetto al giudizio penale”.

Infine, quanto alla censura mossa dai ricorrenti alla sentenza del TAR, nella parte in cui motiva l’annullamento dell’atto di proclamazione degli eletti sulla scorta del rilievo che l’illegittima ammissione alla competizione elettorale di una lista comporta un “effetto perturbatore indotto sull’elettorato”, il Consiglio di Stato la ritiene solo parzialmente ragionevole, perché sostiene che tale “effetto perturbatore” vada considerato sussistente non “in sé e per sé”, ma perché la legislazione attuale non prevede alcuna specifica regola giuridica. Sarebbe dunque una forzatura per il giudice amministrativo forzare la portata dell’art. 2 della legge n. 43 del 1995 e ritenere che gli elettori avrebbero votato ugualmente proprio il candidato Presidente, sostenuto dalla lista illegittimamente ammessa cui abbiano inteso dare il loro voto.

Il Supremo Collegio, quindi, confermando la sua giurisprudenza sul tema, ritiene di dover comunque condividere la valutazione finale della sentenza del TAR Piemonte, secondo cui “l’avvenuta partecipazione alla competizione elettorale di una lista che non doveva esservi ammessa – qualora essa abbia ottenuto un numero di voti tanto consistente da avere avuto una decisiva incidenza sull’esito finale – comporta l’integrale annullamento del verbale di proclamazione degli eletti, con la conseguente rinnovazione delle relative operazioni (cfr. Cons. Stato, Sez. V, 29 ottobre 2012, n. 5504; Sez. V, 31 marzo 2012, n. 1889; Sez. V, 20 marzo 2006, n. 1437; Sez. V, 18 giugno 2001, n. 3212; Sez. V, 10 maggio 1999, n. 535)”.

Il 12 febbraio scorso, giorno successivo all’udienza svoltasi avanti al Consiglio di Stato, il presidente del gruppo consiliare del Movimento 5 Stelle ha depositato ricorso per ottemperanza ex art. 112 c.p.a. presso il TAR Piemonte, che, fissata la camera di consiglio il 6 marzo scorso, lo ha accolto.

La difesa della Regione, costituitasi anche in questo giudizio, aveva evidenziato come alla stessa non poteva essere imputato un comportamento elusivo del giudicato, avendo il Presidente della Giunta prontamente scritto al Ministero dell’Interno e al Presidente della Corte d’Appello manifestando la volontà di indire le nuove elezioni regionali in concomitanza con le elezioni per il Parlamento europeo. Nel contempo, però, a tale volontà manifestata per vie informali seguiva il deposito presso le Sezioni Unite della Cassazione di un ricorso per regolamento di giurisdizione da parte della medesima Regione Piemonte, il quale secondo la difesa regionale “benchè non produttivo di alcun effetto sospensivo della sentenza di appello, renderebbe nondimeno opportuno soprassedere dall’indizione di nuove elezioni regionali, fino alla definizione del giudizio in Cassazione”.

Ciò intanto viene valutato dal collegio, che accoglie il ricorso per ottemperanza, come un “radicale mutamento dell’orientamento” del Presidente della Giunta e come “elementi sufficienti ad attestare l’assenza di una concreta volontà di dare concreta esecuzione alla sentenza di annullamento delle elezioni regionali”.

Il TAR evidenzia subito come l’esecutività della sentenza di primo grado, totalmente confermata da quella di appello, non veniva incisa dalla interposizione del regolamento di giurisdizione, così come esplicitamente disposto dall’art. 373 c.p.c. Né, tanto meno, secondo lo stesso giudice locale, sussisterebbero le gravi ragioni di opportunità per sospendere l’indizione di nuove elezioni nell’attesa del giudizio della Cassazione. La sospensione piuttosto determinerebbe, nella sostanza, un effetto sospensivo della pronuncia del giudice di appello e verrebbero mantenuti in vita, per un tempo non definibile e sostanzialmente coincidente con la legislatura, organi elettivi privi di legittimazione democratica.

Quanto alla identificazione del soggetto competente a eseguire la sentenza, il TAR rileva come la giurisprudenza costituzionale faccia rientrare nella competenza statutaria la disciplina delle funzioni regionali nel periodo intercorrente fra l’annullamento delle elezioni e la nuova elezione (cfr. C. cost. n. 196 del 2003). Sul punto però lo Statuto della Regione Piemonte nulla dispone e non è possibile applicare in via analogica né l’art. 20 relativo alla scadenza naturale della legislatura, né gli artt. 52 e 53 relativi ai casi di scioglimento anticipato del Consiglio e di dimissioni del Presidente e della Giunta regionale, perché tali ipotesi afferiscono ad organi legittimamente eletti.

Per questo motivo, al giudice dell’ottemperanza non resta che rifarsi ai principi generali dell’ordinamento e dunque in primo luogo il principio di rappresentatività, il quale, correlato col principio di sovranità popolare, imporrebbe l’immediata cessazione degli organi elettivi. Esso però, come affermato da stabile giurisprudenza costituzionale (cfr., ex multis, C. cost. 196 del 2003 e 68 del 2010), deve essere bilanciato col principio di continuità funzionale degli organi elettivi, i cui poteri, nel periodo intercorrente fra l’annullamento delle elezioni e le nuove, devono in questi casi essere limitati al compimento di atti indifferibili e urgenti. Primo di questi atti è certamente l’indizione delle nuove elezioni, al fine di impedire il procrastinarsi di una situazione di obiettiva incertezza. Secondo l’art. 51 dello Statuto piemontese, l’indizione di nuove elezioni è una delle attribuzioni del Presidente della Giunta regionale, che quindi vi è obbligato.

Quanto al termine entro cui provvedere, l’art. 7 co. 2 del d.l. n. 98 del 2011 dispone che qualora nel medesimo anno si svolgano le elezioni per il Parlamento europeo, le elezioni regionali dovranno effettuarsi nella stessa data, individuata con delibera del Consiglio europeo nel 25 maggio 2014. Poiché i sindaci dei comuni piemontesi devono dare notizia ai cittadini dell’indizione dei comizi elettorali almeno quarantacinque giorni prima della data stabilita per le elezioni (e dunque entro il 10 aprile 2014), il collegio ha reputato che la data ultima per l’adozione del decreto di indizione dei comizi elettorali regionali da parte del Presidente della Giunta sia da individuarsi nel 20 marzo 2014. In caso di persistente inadempimento, il TAR dispone inoltre nella stessa che, le funzioni di commissario ad acta, competente ad intervenire in via sostitutiva sia il Prefetto di Torino e dispone anche la trasmissione della decisione al Presidente del Consiglio e al Ministero dell’Interno.

Maria Esmeralda Bucalo

Foto | Flickr.it



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